La disoccupazione in Italia si origina principalmente a causa della perdita di competitività del settore manifatturiero e, conseguentemente, la minore concorrenzialità rispetto agli altri paesi.
Ciò ha determinato la drammatica situazione di molti lavoratori, padri e madri di famiglia, che improvvisamente si trovano senza prospettive occupazionali e che non vedono prospettive di reimpiego.
Se fino a qualche anno fa la disoccupazione era di breve periodo o di tipo stagionale attualmente a causa del ciclo economico recessivo si va affermando una disoccupazione di lungo termine.
La situazione è talmente grave che la quantità di “lavoratori scoraggiati”, cioè di coloro che neppure cercano più un’occupazione, ha raggiunto numeri allarmanti.
Se per la disoccupazione di “tipo breve o stagionale” erano sufficienti gli ammortizzatori sociali in vigore (CIG, CIGS, Mobilità, Aspi etc.) oggi per la disoccupazione di lungo periodo essi rappresentano solo dei palliativi.
La grave crisi lavorativa, ignorata dal Governo e sottovalutata dal sindacato sta producendo situazioni di fortissimo disagio sopratutto tra coloro che hanno figli o hanno contratto mutui per acquisti importanti come la casa.
Per affrontare e risolvere il problema gli Enti pubblici ai vari livelli stanno spendendo quantità enormi di denaro per finanziare corsi di formazione e indennizzi vari senza il reale coinvolgimento delle aziende.
Un fiume di denaro che ha completamente fallito l’obiettivo ma è servito, ancora una volta a finanziare le organizzazioni sindacali maggiormente strutturate. Infatti, esse guadagnano perché controllano e gestiscono gli ex dipendenti convincendoli a frequentare i corsi promossi dalle strutture a loro collegate.
Quello che andrebbe immediatamente fatto è un forte abbattimento dei costi del lavoro per le aziende che investono ed assumono con contratti a tempo indeterminato.
Il legislatore dovrebbe prevedere un abbattimento degli oneri sociali anche per le aziende che si impegnano per migliorare l’ambiente e le condizioni di lavoro per i propri dipendenti come ad esempio quelle che si impegnano per un reale rafforzamento delle pari opportunità tra uomini e donne, che investono nell’agevolare le cure parentali della prole concedendo dei ticket per asili scuole materne ecc.
Sostenere i distretti industriali, fiore all’occhiello dell’Italia, per fare fronte alle sfide della globalizzazione con norme che incentivino le imprese ad una sempre maggiore integrazione produttiva, tecnologica e di servizi.
Ridare al settore pubblico un ruolo di peso nell’economia, ripensando le privatizzazioni dei servizi pubblici, rimettendo al centro l’interesse collettivo.
La lotta alla disoccupazione non è solo un problema di risorse economiche ma sopratutto di volontà politica.
Lo Stato inizi ad alleggerire le aziende di tutti quei costi generati da una burocrazia ottusa quanto inutile che di fatto deprimo gli investimenti e l’innovazione. Burocrazia, corruzione ed illegalità varie costano in un anno circa 230 miliardi di prodotto interno lordo.
Un ulteriore abbattimento di un paio di punti al costo del lavoro, senza oneri a carico della collettività si potrebbe immediatamente ottenere se venissero eliminate tutte quelle “sovrattasse” poste a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro per finanziare surrettiziamente sindacati ed associazioni professionali di categoria come i vari contributi per gli enti bilaterali, contributi per assistenza contrattuale ecc.