TRATTAMENTO INTEGRATIVO UNA NORMA CHE PENALIZZA I LAVORATORI PIU’ DEBOLI
Se hai un reddito inferiore a 8.500,00 euro non ti aspetta nessun trattamento integrativo. Hai un reddito troppo basso, non paghi IRPEF e quindi non hai benefici.
Per non creare disparità era sufficiente al legislatore spostare il calcolo dell’agevolazione dalla voce IRPEF alla voce CONTRIBUTI A CARICO DEL LAVORATORE.
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Nel millennio delle comunicazioni globali, dell’intelligenza artificiale, dei robot e dei supercomputer avere intere fasce della popolazione in situazioni di povertà è il fallimento di una classe dirigente totalmente incapace di governare un paese evoluto quale è l’Italia.
Il 2025 conferma le tendenze in atto dalla fine degli anni 90 di privilegiare le rendite finanziarie a scapito del lavoro; In particolare quello dipendente.
Il risultato di questa politica totalmente sbilanciata a favore delle classi più abbienti ha generato ampie fasce di persone incapienti cioè, persone il cui reddito è inferiore alla soglia minima oltre si inizia a pagare l’imposta IRPEF.
L’ultima norma che si inserisce nell’alveo della penalizzazione dei redditi più bassi e quella relativa al “trattamento integrativo di 1.200 euro”. Trattamento che, per effetto della legge fiscale, non spetta a chi nell’anno guadagna meno di 8.500 euro.
Si tratta di una norma iniqua e socialmente dannosa che colpisce i più fragili, quelli con contratti precari e retribuzioni da fame. Ad essere maggiormente penalizzate sono le lavoratrici con figli che per fare fronte alle esigenze della famiglia spesso si devono accontentare di lavori a Part-time e retribuzioni al di sotto del minimo di sopravvivenza.
I motivi per cui è necessario immediatamente ammettere al trattamento integrativo anche chi ha bassi redditi sono di ordine sociale, economico e soprattutto morale.
Escludere dai benefici le persone che, pur avendo un lavoro, non riescono a raggiungere un livello di reddito dignitoso contribuisce a:
- Aumento delle disuguaglianze
Quando i redditi più bassi subiscono tagli o perdite, mentre quelli più alti non vengono toccati o addirittura agevolati, cresce la disuguaglianza e conseguentemente le tensioni sociali. - Erosione della coesione sociale – Sentirsi esclusi dalle politiche di sostegno genera sfiducia nelle istituzioni e alimentare tensioni sociali. Segno evidente di ciò è il sempre minore numero di persone che si recano a votare.
- Aumento della povertà delle famiglie: Maggiori difficoltà a soddisfare bisogni essenziali come casa, salute e istruzione.
- Difficoltà delle nuove generazioni a costruirsi un futuro: Un basso reddito comporta insicurezza. Rallenta la programmazione a livello personale e genera un ciclo intergenerazionale di povertà che riduce le prospettive di sviluppo del Paese.
I bassi redditi indeboliscono la domanda di beni in particolare gli essenziali. Meno consumi = meno produzione = meno posti di lavoro e inferiore redditività. Un ciclo vizioso che contribuisce all’impoverimento generale.
La marginalizzazione di una importante fascia di persone, in un Paese avanzato come il nostro, è il frutto di una classe dirigente priva di una visione politica.
Non di rado coloro che governano fanno appello al valore di Patria e di famiglia. Ma se PATRIA e FAMIGLIA, non sono solo semplici slogan ad uso e consumo del governante di turno, richiedono l’uguaglianza sotto la stessa COSTITUZIONE.
Il sindacato Labor ritiene che una norma ben pensata avrebbe dovuto in primis sostenere i lavoratori più in difficoltà.
Per non creare disparità era sufficiente al legislatore spostare il calcolo dell’agevolazione dalla voce IRPEF alla voce CONTRIBUTI A CARICO DEL LAVORATORE.
Il sindacato LABOR si impegna a sollecitare tutte le Istituzioni affinché la norma sia corretta al fine di proteggere la dignità di ogni lavoratore.
Danilo Maron
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