6 febbraio 2018 Premio IO LABOR allo scrittore e poeta FERDINANDO CAMON.
PER LA DIFFUSIONE ATTRAVERSO LE SUE OPERE DELLA CULTURA, DELLE USANZEE DEGLI AVVENIMENTIDEL MONDO CONTADINO.
PER AVERE DATO VOCE E DIGNITA’ A CHI PER SECOLI E’ STATO IGNORATO.
Ferdinando, Camon è nato in comune di Urbana -PD- il 14 novembre 1935. E’ uno dei pochi scrittori – poeti che ha affrontato e descritto le molte crisi in questo tempo di rapide trasformazioni sociali ed economiche. Dopo aver descritto la crisi della civiltà contadina “il ciclo degli ultimi” (Quinto stato, La vita Eterna, un altare per la madre) Mai visti sole e luna prosegue con il “ciclo del terrore” (Occidente, Storia di Sirio) dove esamina quella crisi che si chiama “terrorismo”, con il “ciclo della famiglia” (La malattia chiamata uomo, La donna dei fili).
Nel 1996 pubblica La Terra è di tutti, sul tema dello scontro di civiltà che si svolge nelle città occidentali sotto l’urto delle ondate migratorie.
Nel ’98 pubblica: Dal silenzio delle campagne, raccolta di poesie sul nuovo Veneto profondo, che ha perduto la memoria del suo passato oscuro e grandioso.
Camon è un grande della letteratura contemporanea internazionale che, a mio avviso, per avere raccontato l’ignoranza e la miseria dei contadini del basso Veneto non ha avuto da parte della intellighenzia nostrana il giusto riconoscimento. Miseria ed arretratezza in un Paese che che si avviava ad essere la quinta potenza economica mondiale dovevano rimanere nascoste.
Mi piace accostare Quinto stato a Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez perchè i protagonisti in entrambi i racconti vivono isolati in un contesto che è fuori dai confini del mondo e del tempo. Hanno lo stesso istinto e lo stesso modo di reagire dove il mondo dei vivi non è totalmente separato da quello dei morti. Il mondo di quelli di qua e quello di quelli di là.
Ciò che invece drammaticamente differenzia le due opere è la grande miseria dovuta alla fame ed all’arretratezza culturale del mondo contadino e, ancora più del bracciantato nelle campagne Venete nei primi anni 50 del secolo scorso.
Il Tempo dell’incertezza.- La cultura come strumento per uscire dalla crisi.
Stiamo vivendo in un tempo confuso ed incerto in cui il termine futuro perde di significato e molti sembrano ormai rassegnati alla mancanza di prospettive. La sensazione predominante è quella dell’EMERGENZA.
Non ci riferiamo solo all’emergenza derivante dalla crisi economica che sta moltiplicando il numero delle famiglie che vivono in povertà ma sopratutto alla profonda crisi sociale e culturale resa ancora più drammatica da un mancato rinnovamento della politica.
Le iniziative normative assunte negli ultimi anni senza una vera e propria programmazione nel tentativo di “agganciare” una ripresa economica di cui francamente non si vedono i risultati hanno, nei fatti, affievolendo il diritto al lavoro.
In questo contesto, che definire confusionale è poco, a prevalere sono le esigenze dell’economia finanziaria. La logica del profitto a tutti i costi sta riducendo ai minimi termini tutte le garanzie per un lavoro dignitoso.
La vicenda del braccialetto elettronico adottato dalla multinazionale Amazon non è che l’ultimo episodio che vede i lavoratori costretti ad accettare situazioni che pochi anni fa sarebbero state impensabili.
E’ pura ipocrisia che oggi uomini della politica e del sindacato fingano stupore e sdegno quando loro stessi hanno approvato le norme che permettono tutto ciò.
Oggi l’obiettivo primario è quello di tutelare e promuovere il LAVORO sopratutto per chi lo ha perso o non lo trova. E’ necessaria la piena collaborazione ed il dialogo tra tutte le realtà (associazioni, imprese, enti, scuole, professionisti, artisti) che operano sul territorio.
Molte persone, infatti, sono disoccupate perchè le loro aziende sono andate in difficoltà per l’elevata pressione fiscale o per i molti problemi creati da una normativa farraginosa, spesso generatrice di corruzione, dove i cosi detti “furbi” prevalgono a scapito di chi non vuole sottostare alla regola della tangente.
E’ necessario che Stato e regioni sostengano le imprese semplificando le moltissime formalità imposte da una onnipotente burocrazia.
In questa direzione si inserisce l’iniziativa del premio “IO LABOR”. Promuovere, sostenere e dare visibilità alle personalità della cultura che si sono distinte nella valorizzazione del territorio e delle tradizioni legate alle nostre radici, alle aziende che puntano sulla crescita del capitale umano per rafforzarsi e superare la crisi attraverso la tutela e la valorizzazione delle risorse e capacità personali, enti od organizzazioni che quotidianamente operano per supportare lo sviluppo delle competenze e conoscenze dei giovani indirizzandoli al lavoro.
La cultura è indispensabile perchè la persona possa elevarsi e prendere piena coscienza di quelli che sono i suoi doveri e diritti.
Con il “Ciclo degli ultimi”, trilogia composta da Quinto stato, La vita eterna, Un altare per la madre (Premio Strega) e Mai visti sole e luna descrive l’epopea grandiosa e miserabile dei contadini e, più ancora, del bracciantato fatto di uomini, di angeli, di diavoli e di animali travolti in un intreccio di fame e di sesso, di paura e di fede, di amore e di morte.
Racconta la miseria, l’ignoranza, la rassegnazione ed il fatalismo di chi ha vissuto tra magia e tragedia chiuso nel ritmo senza tempo della natura.